Società
di Paolo Corvo
La società civile nel mondo globalizzato
Il concetto di società è stato a lungo contrapposto a quello di comunità, in riferimento alla teoria di Tönnies, per poi assumere significati più specifici in base alle diverse situazioni socioeconomiche, culturali e politiche del XX secolo.
Ci soffermiamo in particolare sulle caratteristiche e le problematiche della società civile[1], perché ci sembra che ormai da qualche anno sia tornata al centro dell’interesse degli studiosi e dell’attenzione dei mezzi di comunicazione: spesso si sentono affermazioni del tipo “si deve lasciare spazio alla società civile” “è fondamentale la presenza della società civile”, ecc. E’ dunque opportuno precisare il significato del termine, così come è andato delineandosi in questi ultimi tempi nella letteratura sociologica, facendo in particolare riferimento alla situazione italiana.
Il significato del termine
L’espressione “società civile” si fonda sull’originarietà e l’autonomia della dimensione sociale dalla sfera politica. La vita associata permette di creare una vasta gamma di relazioni e di reti, che può condurre a trasformazioni sociali indipendenti dall’agire politico, che è generalmente fondato sul potere. La società civile ha concettualmente origine antiche, di natura giurisprudenziale e di filosofia politica, ma sul piano della concreta presenza storico-sociale è un fenomeno connesso alla modernità occidentale e alle sue varie trasformazioni.
La rinascita del termine è dovuta soprattutto alla crisi politico-economica che ha colpito i Paesi dell’est europeo: la società civile ha infatti rappresentato il punto di riferimento dei movimenti che hanno determinato la caduta dei regimi comunisti. Questi avvenimenti storici hanno riacceso il dibattito anche in Occidente, dove già peraltro si discuteva della crisi della partecipazione democratica e della mancanza di fiducia nelle istituzioni.
Attualmente vi sono almeno tre fattori che determinano il rinnovato interesse per la società civile: a) Il rimodellamento del welfare State, che provoca problemi di efficienza e di legittimazione degli Stati; b) i fenomeni di globalizzazione, con una crisi dell’autonomia della politica rispetto all’economia e alla finanza; c) l’indebolimento delle solidarietà di carattere nazionale e il riaffermarsi di identità localistiche.
Oggi l’espressione società civile viene utilizzata con significati diversi: da parte nostra indichiamo le definizioni di Magatti, secondo cui “si può parlare di società civile quando si riconosca l’esistenza di una pluralità di soggetti sociali capaci di azione autonoma e di regolazione dei comportamenti individuali ed orientati a risolvere problemi o a soddisfare esigenze comuni” e di Donati, che definisce società civile “l’insieme delle relazioni sociali associative che si costituiscono sulla base di un impulso valoriale non egoistico, che sono autogenerate dai soggetti in relazione reciproca, i quali definiscono la propria identità come attualizzazione di valori universali nel particolare e la cui logica strutturante non è dominata dal denaro e dal dominio”.
Secondo queste definizioni la società civile non va intesa in senso antiistituzionalista, ma bensì come l’espressione di una ricerca di equilibri diversi tra l’esperienza personale, il senso di appartenenza collettiva e le istituzioni, ritenute indispensabili ma non pervasive delle aspirazioni individuali. Certo questi processi non sono facili da realizzare, per problemi legati sia al complesso di condizioni istituzionali affermatisi nella modernità sia per i limiti presenti nella stessa società civile.
Le istituzioni infatti ostacolano o minacciano in modo costante la società civile, sia a livello economico (basti pensare all’affermarsi di monopoli o oligopoli nei vari settori produttivi), politico (cfr. la burocratizzazione della vita sociale) e culturale (con le spinte contrapposte all’omologazione e al relativismo).
Peraltro la società civile rischia di diventare un fattore di frammentazione e conflittualità quando i suoi soggetti non riconoscono i vincoli che li legano ad una collettività e perdono il riferimento al bene comune. Diviene dunque fondamentale il ruolo degli attori sociali chiamati a relazionarsi e confrontarsi con gli apparati istituzionali.
La società civile in Italia
Nel nostro Paese queste problematiche legate al pieno sviluppo della società civile sono in qualche modo rese più complesse dalla particolare storia istituzionale, politica, sociale che lo ha caratterizzato (cfr. statalismo, particolarismi, burocratizzazione esasperata, ecc.); tuttavia i diversi soggetti sociali sono stati in grado, dal dopoguerra ad oggi, di attivare iniziative di grande rilievo nel settore economico, sociale e culturale. Sono cinque gli ambiti più significativi in cui si è espressa la società civile italiana: la famiglia, le piccole imprese che operano a livello locale, l’associazionismo sociale, il volontariato, il terzo settore.
La famiglia, anche se indebolita dal modesto riconoscimento istituzionale, resta ancora un punto di forza della società italiana, come rete primaria di sostegno, di socializzazione e di regolazione dei comportamenti individuali.
Le piccole imprese che operano a livello locale sono dotate spesso di un’elevata capacità imprenditoriale e di una grande disponibilità al sacrificio, rivestendo un ruolo di primo piano nel nostro modello di sviluppo e di crescita economica. Certo vi è il problema di collocare questa grande capacità operativa in una realtà più ampia, a carattere nazionale, per evitare che la dimensione locale diventi chiusura verso la solidarietà e il bene comune.
L’associazionismo sociale in ambito socio-assistenziale, sportivo, ricreativo e culturale ha diffuso esperienze di partecipazione e di attenzione verso i problemi locali, mostrando una certa autonomia rispetto alla politica e valorizzando l’esperienza diretta e la dimensione espressiva dell’agire.
Il volontariato esprime il senso di socialità di una minoranza, peraltro consistente, del Paese, che si è assunta una responsabilità diretta nei confronti dei settori più emarginati della società, spesso sopperendo alle carenze dello stato sociale. Attualmente si trova in una fase di passaggio, dallo spontaneismo dei primi tempi a forme organizzative e operative più mature, per poter affrontare in modo adeguato il nuovo ruolo che è chiamato a svolgere nel sistema integrato dei servizi sociali.
Il terzo settore infine costituisce in Italia una realtà molto importante anche sul piano economico: cooperative sociali, enti privati riconosciuti, fondazioni operano nel campo della sanità e dell’assistenza sociale, dell’educazione e della formazione professionale, dando vita ad una pluralità di attività e di iniziative che sono una parte rilevante del nuovo sistema di Welfare delineato dalla legge sull’assistenza 328/2000. Anche il non profit è interessato da profondi cambiamenti, organizzativi e strutturali, alla ricerca di un difficile equilibrio tra l’introduzione di prassi aziendalistiche e il mantenimento delle motivazioni ideali originarie, che si fondano sull’attenzione alla persona e stili di intervento innovativi.
Prospettive e problemi
A fronte di queste espressioni positive della società civile italiana vi sono alcuni nodi di fondo che vanno sciolti, per far si che i soggetti sociali coinvolti vengano pienamente valorizzati in una realtà pluralista e democratica.
Il primo problema riguarda la scarsa fiducia che i cittadini hanno nei confronti delle istituzioni pubbliche, che sembrano poco credibili, non solo per incapacità e inefficienza, ma anche perché diventano troppe volte il luogo del particolarismo e dell’arbitrio. Questo modo di procedere favorisce la scelta di strategie opportunistiche da parte degli stessi soggetti sociali, che in tal modo perdono la loro autonomia, adattandosi a utilizzare amicizie e affiliazioni politiche per affermarsi e consolidarsi. Così la società civile riproduce logiche e comportamenti tipici delle istituzioni, venendo meno alla propria funzione.
Occorre dunque ricordare sempre il riferimento al bene comune e i vincoli di appartenenza ad una comunità più grande, cercando di creare una cultura del pubblico non statale fondata sul rispetto delle regole, senso del dovere, consapevolezza della funzione che si occupa. Vanno soprattutto evitati comportamenti disinvolti e particolaristici nell’assumere compiti e nell’occupare spazi lasciati liberi dallo stato.
Un altro aspetto problematico riguarda il livello di partecipazione dei cittadini, che sembrano limitare il loro intervento all’ambito della solidarietà, come se fosse una sorta di settore separato della vita sociale, mente restano insolute questioni importanti come la mancanza di una vera economia civile o la posizione marginale della società civile nei processi di riproduzione culturale, come la scuola e la televisione. Va dunque recuperata una concezione del civile che vada al di là del solidale, pur fondamentale, e che si sviluppi nei vari ambiti della vita sociale.
Un terzo problema riguarda il riconoscimento della pluralità degli ambiti sociali (la salute, l’educazione, i media), ciascuno portatore di caratterizzazioni specifiche che vanno salvaguardate. Si può dire con Magatti che “vi è il rischio che, mediante la “privatizzazione” questi ambiti sociali siano liberati dal dominio della politica e delle burocrazie amministrative senza però trasformarsi in regimi autonomi propri. Secondo la logica della privatizzazione il legame con la politica viene rimpiazzato da quello con l’economia. Nella prospettiva della società civile, invece, uscire dallo statalismo è molto di più e di diverso che scatenare le forze di mercato. Il problema è liberare le energie professionali, relazionali e umane nei diversi settori e creare le condizioni per una loro efficace autoregolazione”.
Come si può notare la società civile in Italia si trova in una fase delicata, di passaggio e di crescita, anche per il particolare momento storico che il Paese sta attraversando: la crisi della politica, i processi di globalizzazione che limitano la sovranità degli stati nazionali, l’avvento della moneta unica europea, la diffusione delle nuove tecnologie informatiche e di Internet, sono tutti fenomeni che mettono in crisi situazioni e prassi consolidate e possono dare nuovo spazio ai diversi soggetti sociali. Le possibilità di uno sviluppo fecondo della società civile vanno di pari passo con le maggiori responsabilità che dovrà assumersi nel rapporto con le istituzioni. In questa prospettiva anche il mondo cattolico, nelle sue varie e diverse articolazioni, è chiamato ad un compito significativo, sia per la presenza consistente nella società civile, sia per l’importanza che questo concetto riveste nel pensiero sociale cristiano.
[1] Questa scheda riprende l’articolo pubblicato su Aggiornamenti Sociali, n.4/2001, Lessico Oggi, pp. 359-362
Bibliografia
ALEXANDER J, “The Return of Civil Society”, in Contemporary Sociology, 23 (1994).
DONATI P. (a cura di), La società civile in Italia, Mondadori, Milano 1997.
GARELLI F. – SIMONE M. (a cura di), Quale società civile per l’Italia di domani?, Atti della 43° Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, il Mulino, Bologna 2000.
HABERMAS J., Fatti e norme, Guerini e Associati, Milano 1996.
KUMAR K., “Civil Society: An Inquiry into the Usdelfulness of an Historical term”, in British Journal of Sociology, 3(1993):373-401.
MAGATTI M. (a cura di), Per la società civile. La centralità del ‘principio sociale’ nelle società avanzate, FrancoAngeli, Milano 1997.
