Glossario minimo
Banca Mondiale: Banca Internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo o, più comunemente Banca Mondiale, è un istituto di credito internazionale creato nel 1945 con l’entrata in vigore degli Statuti della Conferenza monetaria e finanziaria di Bretton Woods (1944). Nata per contribuire alla ricostruzione delle capacità produttive annientate dalla guerra, ha il compito di favorire il miglioramento delle risorse economiche, della capacità produttiva e delle condizioni di vita nelle aree sottosviluppate.
Capitale: Nel linguaggio comune termine che indica potere d’acquisto o fondo di generica ricchezza detenuto in un certo momento da un individuo o da un’azienda e destinato a fornire un guadagno nel tempo. La concezione corrente, pur nella sua approssimazione, pone in risalto la connessione specifica tra possesso di un capitale e il conseguimento di un reddito.
Capitalismo
Sistema economico che prevede la prevalenza della
proprietà privata di mezzi di produzione, lo scambio di beni
e servizi secondo regole di mercato, la regola dominante
della massimizzazione del profitto, la funzione centrale del
capitale monetario nella creazione di plus-valore (cioè di
incremento di ricchezza) attraverso processi produttivi
oppure meccanismi finanziari. Naturalmente un sistema con
queste caratteristiche, sviluppatosi a partire dal tardo
medioevo in alcuni contesti sociali e geografici europei e
poi diffusosi abbondantemente nel mondo, si è intrecciato e
contaminato nel corso del tempo con esperienze politiche,
sociali e culturali molto variegate, che ne hanno
condizionato sensibilmente la manifestazione.
Cittadino
Furono i rivoluzionari francesi a chiamarsi l’un
l’altro ‘cittadino’ in quanto si riconoscevano come membri
dello stesso corpo politico, senza più distinzioni di
privilegi. Nella storia moderna della ‘cittadinanza’ un
famoso schema di Thomas Marshall (1949) parla di progressivo
accumulo di diritti: nel sec. XVIII appunto la cittadinanza
ha comportato riconoscimento per tutti di eguali diritti
civili (nessuna discriminazione di fronte alla legge), nel
XIX si è completato l’allargamento dei diritti ‘politici’
(diritto di voto, riunione, aggregazione, partecipazione
alla vita pubblica), il XX secolo è stato il secolo dei
diritti ‘sociali’ .
Comunismo
Nasce come utopia della proprietà comune dei mezzi di
produzione, fin dai tempi antichi e poi contrassegna
correnti medievali e rinascimentali. L’ideologia comunista
viene strutturata in sistema che ambisce a una scientificità
nei decenni centrali dell’800 (Marx-Engels), basandosi sulla
teoria della stretta dipendenza di tutte le forme sociali
dai rapporti di produzione (materialismo storico). La
società capitalistica – borghese al massimo grado del suo
sviluppo sarebbe stata rivoluzionata dalla crescita della
classe proletaria, che dopo un periodo di transizione retto
da una dittatura di classe per portare a fondo l’estinzione
della proprietà privata, avrebbe aperto la possibilità di
una società senza classi e senza Stato, fondata sulla
proprietà collettiva e la piena realizzazione dell’individuo
(“da ciascuno secondo le sue possibilità a ciascuno secondo
le sue necessità”).
Comunità
Tre sono le concezioni fondamentali di comunità in
sociologia: per la prima comunità è una qualità dei rapporti
tra individui, quando sono caratterizzati da sentimenti di
solidarietà, identificazione, apertura, unione, amore,
carità, integrazione, altruismo e simili e l’entità o
organizzazione che risulta da rapporti di questo tipo; per
la seconda comunità è semplicemente un insieme di individui
in luogo determinato: la comunità è il gruppo con il suo
territorio. Infine, comunità è il più piccolo gruppo sociale
entro cui l’individuo può soddisfare tutti i suoi bisogni e
svolgere le sue funzioni; cioè il primo livello di
organizzazione sociale completo e autosufficiente.
Cooperative sociali
Le cooperative sociali sono disciplinate dalla legge
quadro 381/91, che rimanda alle leggi regionali le ulteriori
specificazioni. Tra le forme legali assunte dal Terzo
Settore, le cooperative sociali rappresentano certamente
quelle a maggior valenza imprenditoriale, più adatte ad
iniziative economiche e a creare occupazione. Possono essere
di due tipologie: a) per servizi socio-educativi e
assistenziali; b) per l’inserimento lavorativo dei soggetti
svantaggiati (che devono rappresentare almeno il 30% dei
lavoratori della cooperativa): invalidi fisici, psichici e
sensoriali, tossicodipendenti, alcolisti, minori con
situazioni di difficoltà familiare, condannati ammessi alle
misure alternative alla detenzione, ecc. (soc)
Costituzione
Documento fondamentale di un patto politico, che vincola e
collega inizialmente il sovrano al suo popolo, portando la
struttura politica al di fuori del terreno del
tradizionalismo legittimista dell’assolutismo. La
costituzione divenne nell’800 rivendicazione fondamentale di
rinnovamento in direzione della libertà politica.
Espressione inizialmente di poche regole sull’articolazione
del potere e sui diritti dei cittadini, si è allargata via
via a comprendere più ampi cataloghi dei diritti e
soprattutto una serie di norme “prescrittive” che funzionano
da carta dei principi fondamentali di una comunità e
dovrebbero orientare i titolari di cariche politiche, a
prescindere dal loro contingente orientamento.
Democrazia
Etimologicamente da demos (popolo) e kratos (potere). La
partecipazione dei cittadini alla vita democratica è
finalizzata alla discussione e alla verifica delle decisioni
di interesse comune. In sottofondo sussiste il rigetto di
una concezione dogmatica e assolutizzata della verità nel
campo della prassi etico-politica e una visione critico-
problematica del rapporto fra verità e politica. Su queste
basi i molti sono ammessi a prender parte alle decisioni.
Una democrazia si fonda su diritti e doveri. Esistono i
diritti civili che delimitano l’intervento dello Stato nella
vita delle persone all’ambito del bene comune (lo Stato non
ha diritto di ingerenza in materia di religione, etica e
cultura). Abbiamo poi i diritti politici che sono alla base
della partecipazione alle scelte sulle questioni pubbliche.
Accanto ai diritti esistono dei doveri che evitano un uso
arbitrario del diritto e permettono la convivenza. Le
democrazie più diffuse nella storia sono quelle
rappresentative, basate su una classe politica eletta,
responsabile e controllata dai rappresentati, capace di
esprimere un pluralismo che garantisca l’uguaglianza fra
organismi e gruppi. Negli ultimi anni è andata prendendo
piede l’idea di democrazia partecipativa, ovvero un progetto
politico che valorizzi le risorse e le differenze locali
promuovendo processi di autonomia cosciente e responsabile,
di rifiuto della eterodirezione del mercato unico; lo
sviluppo locale si identifica in primo luogo con la crescita
delle reti civiche e del “buon governo” della società
locale, che costruisca reti alternative alle reti globali
fondate sulla valorizzazione delle differenze e specificità
locali di cooperazione non gerarchica e non strumentale. In
tal senso si può prospettare uno scenario definibile anche
come globalizzazione dal basso, solidale, non gerarchica, la
cui natura è comunque quella di una rete strategica tra
società locali.
Deregolamentazione
Diffusasi nell’espressione inglese (deregulation),
designa un processo inteso a ridimensionare l’influenza
dello Stato nell’economia e a promuovere i principi
dell’economia di mercato in senso liberista. Le principali
misure che lo caratterizzano comprendono lo sfoltimento di
vincoli amministrativi e legislativi e il passaggio a forme
meno incisive d’intervento statale al fine di conferire
maggiori spazi di azione agli attori economici presenti sul
mercato. L’aspetto degenerativo di questo fenomeno consiste
nell’esasperazione della competitività a favore dei
profitti, che sopravanza ogni tutela da insicurezze degli
attori più deboli presenti sul mercato (lavoratori, piccole
imprese).
Destra
Il termine risale alla Rivoluzione Francese quando i
deputati conservatori occupavano i seggi a destra del
Presidente. I partiti di destra sono attenti a mantenere il
presente o a restaurare il passato. Pongono l’accento
sull’ordine e sul mantenimento dello status quo.
Dittatura
Forma di governo altamente oppressiva e arbitraria,
stabilita con la forza o l’intimidazione che permette a un
gruppo o a una persona di monopolizzare un potere.
L’utilizzo di questo vocabolo è avvenuto, però, anche in
ambito democratico per caratterizzare, ad esempio, un
eccesso di potere dell’esecutivo e l’incapacità del
parlamento di controllarlo. La dittatura si caratterizza, da
un lato, per la sua dimensione usurpatoria, coercitiva e
militaristica, dall’altro, per la sua legalità o
legittimazione anche se combinata con l’esercizio di poteri
considerati straordinari per ampiezza e intensità.
Dottrina sociale della chiesa
La dottrina sociale della Chiesa abbraccia il settore
specifico dell’insegnamento della Chiesa che applica le
norme della fede e della morale ai problemi sociali. Essa,
infatti, vuole significare un corpo di proposizioni e di
direttive, il cui contenuto costituisce una “dottrina”, più
o meno organica, in rapporto a questo tempo, con categorie
sociali e religiose ben determinate.
Economia politica
Originariamente è lo studio dei problemi riguardanti
le spese del re in rapporto ai suoi redditi, divenendo
importante e di attualità nel XVI secolo in particolare. Nel
corso della storia il termine ha assunto significanti
diversi e non sempre coerenti fra di loro. Potremmo dire
che, in generale, l’economia politica riflette su ciò che
determina il bilanciamento di redditi e spese e sui rapporti
di ciò col commercio, con la produzione e, in generale, la
ricchezza di una nazione.
Emigrazioni
vedi migrazioni
Esecutivo
Nella celebre teoria della separazione dei poteri –
elaborata da Montesquieu nel XVIII secolo – esprime la
funzione di realizzazione delle leggi, in quanto distinta
dal potere “legislativo” affidato a un’assemblea
rappresentativa e dal potere “giudiziario” di far rispettare
le leggi. Nella terminologia politica odierna, invece, al
potere esecutivo corrispondono più propriamente le attività
del governo rispetto a quelle legislative riferite al
parlamento e a quelle giudiziarie riferite alla
magistratura. La modalità di formazione dell’esecutivo
dipende dal tipo di modello costituzionale: nei regimi
parlamentari, l’esecutivo è normalmente espressione della
maggioranza formatasi all’interno dell’organo di
rappresentanza; nelle repubbliche presidenziali, la figura
del titolare del potere esecutivo tende a coincidere con
quella del capo dello Stato e viene scelta direttamente dal
corpo elettorale.
Fascismo
Regime politico fondato da Benito Mussolini nell’Italia
degli anni ’20 e – per estensione – famiglia di movimenti e
regimi caratterizzati dal monopolio della rappresentanza
politica da parte di un partito unico di massa
gerarchicamente organizzato; da un’ideologia fondata
sull’attivismo anche violento, sul culto del capo e
l’esaltazione della nazione; dal disprezzo
dell’individualismo liberale e della democrazia piccolo-
borghese; dall’istanza della collaborazione tra le classi
tramite un ordinamento di tipo corporativo a fini di potenza
statuale e nazionale. In questi limiti, il termine si è
esteso ad altri regimi totalitari di massa novecenteschi
(come il nazismo), al di là delle peculiarità ideologiche e
politiche.
Finanza etica
La finanza etica è un tipo di finanza che ritiene
che il credito sia un diritto umano. Non ritiene legittimo
l’arricchimento basato sul solo possesso e scambio di
denaro. E’ trasparente e prevede la partecipazione alle
scelte importanti dell’impresa non solo da parte dei soci,
ma anche dei risparmiatori. Ha come criterio di riferimento
per gli impieghi la responsabilità sociale ed ambientale.
Esclude per principio rapporti finanziari con quelle
attività economiche che ostacolano lo sviluppo umano e
contribuiscono a violare i diritti fondamentali della
persona, come la produzione e il commercio delle armi o di
sostanze lesive della salute e dell’ambiente; evita in modo
assoluto legami con attività che si fondano sullo
sfruttamento o sulla repressione delle libertà civili. La
finanza etica richiede un’adesione globale e coerente da
parte del gestore che ne orienta l’attività.
Flessibilità
La flessibilità significa una maggiore discrezionalità da
parte delle direzioni aziendali nell’impiego e nella
retribuzione del personale, una minore resistenza da parte
delle persone alle decisioni presse in alto in merito a
molteplici aspetti della loro condizione lavorativa. Il
premio sociale, secondo questa concezione del lavoro
riguardante le tipologie di contratto, le funzioni dei
lavoratori e l’organizzazione del sevizio, per le cittadine
ed i cittadini che accettano queste decisioni, è creare
occupazione e ricchezza permettendo così alle imprese di
essere competitive, di essere stabili economicamente e di
rimanere nel mercato globale.
Fondo monetario internazionale (fmi)
Organizzazione internazionale sorta con lo scopo di
assicurare il rispetto delle norme degli accordi di Bretton
Woods (1944) e il perseguimento delle sue finalità. Lo scopo
dichiarato del FMI è quello di evitare le crisi finanziarie,
garantendo la stabilità e la convertibilità delle monete. Il
potere di voto di ciascun paese dipende dalla dimensione
della sua quota di partecipazione al fondo, calcolata in
modo da riflettere approssimativamente il suo peso
nell’economia mondiale.
Fordismo
Insieme di elementi che hanno caratterizzato lo sviluppo
della produzione industriale di massa negli Stati Uniti e
negli altri principali paesi capitalistici sviluppati.
Elementi essenziali del fordismo sono: forte accumulazione
accoppiata a innovazione tecnologica, aumento della
produttività, diminuzione del costo dei prodotti, aumento
dei salari e quindi creazione di nuova domanda che stimola
l’allargamento della produzione, nuova accumulazione.
Globalizzazione
E’ il fenomeno che nasce dalla facile e veloce circolazione
dei beni materiali, del denaro, delle informazioni e dei
prodotti culturali a livello mondiale. Si può dire che agli
inizi del Duemila non è rimasto angolo di alcun continente,
alcun gruppo umano o popolazione, le cui condizioni di vita
non subiscano, direttamente o indirettamente, dal punto di
vista economico, politico, culturale, sociale, l’influenza,
positiva o negativa, di questa circolazione. Alcuni studiosi
francesi preferiscono il termine “mondializzazione”.
Ultimamente con questo termine viene indicato in particolare
il mercato globale per il quale ogni evento di carattere
economico che avviene in un angolo del pianeta ha
ripercussioni dirette o indirette sul resto del mondo. Le
iniziali speranze degli economisti riguardo a questo mercato
di poter creare una libera circolazione di beni e di
ricchezza, anche a favore degli abitanti di zone più povere,
si sono dovute scontrare con un rafforzamento da parte dei
singoli Stati di politiche protezionistiche tese a
salvaguardare le economie locali e a mantenere i privilegi
dei paesi già ricchi.
Grande depressione
Gravissima crisi economica mondiale durata per tutti gli
anni ’30. Ebbe origine negli Stati Uniti, mostrando
improvvisamente i limiti di un sistema finanziario e
produttivo centrato sull’autoregolamentazione dei mercati,
che sembrava destinato a crescere senza interruzioni.
Iniziata con il crollo dei corsi azionari a Wall Street, la
borsa di New York, la più grande del mondo, si tradusse poi
in una catena di fallimenti di imprese e banche con effetti
di recessione e stagnazione prolungata del sistema
produttivo e, conseguentemente, di altissima disoccupazione.
Il blocco dei prestiti esteri americani, sui quali contava
l’intero sistema della ricostruzione dopo la Grande Guerra
trasmise la crisi nel resto del mondo, soprattutto in Europa
e Asia.
Ideologia
Espressione nata nell’illuminismo francese, dove
rappresentava la ricerca di una “scienza della
organizzazione delle idee”. Si è ampiamente diffusa nell’età
contemporanea venendo a designare un sistema di pensiero
costruito secondo esplicite finalità pratico-politiche, cioè
organizzato per designare una interpretazione del mondo
esistente e una indicazione di priorità e di modelli per il
cambiamento. In questo senso è stata una fondamentale
risorsa di identità e uno strumento di costruzione di
consenso per i nuovi strumenti della politica: i partiti a
base di massa.
Immigrazione
vedi migrazioni
Inflazione
L’aumento continuo del livello generale dei prezzi,
collegato all’aumento della circolazione monetaria. Il
corrispondente tasso misura la variazione dei prezzi in
rapporto ad una unità temporale. Le teorie relative alle
cause che determinano dinamiche inflattive sono diverse e
generalmente raggruppate in due categorie: la prima si basa
sulla spinta dei costi (inflazione da costi), la seconda
sull’impulso della domanda (inflazione da domanda).
Keynes
John Maynard Keynes è fautore di un approccio alle questioni
politiche, sociali ed economiche del capitalismo avanzato
che auspica un ruolo guida dello Stato nella promozione del
benessere materiale, della crescita e della regolazione
della società. Il keynesismo è, in particolare, un insieme
di teorie economiche scritte a partire dalla fine degli anni
venti del secolo XX. Secondo Keynes le economie
capitalistiche sistematicamente non riescono a generare
crescita stabile e non sono in grado di utilizzare
pienamente le risorse umane e fisiche disponibili. I mercati
non possono eliminare le crisi economiche, la disoccupazione
o l’inflazione.
Legge quadro 328/2000
La Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato
di interventi e servizi sociali 328/2000, è caratterizzata
da tre direttrici fondamentali: a) una nuova articolazione
di competenze fra Stato, Regioni ed Enti locali, ripresa dal
Decreto Legislativo 112/98 sul decentramento amministrativo
(Legge Bassanini); b) l’individuazione di nuovi strumenti di
pianificazione e di omogeneizzazione degli interventi,
nonché di nuove modalità di relazione con i cittadini; c) la
valorizzazione e il sostegno delle responsabilità familiari,
anche con l’erogazione di particolari interventi di
integrazione per le famiglie che vivono le situazioni più
complesse e problematiche; L’elemento più significativo di
questa legge è l’intenzione di conciliare l’omogeneità di
alcuni livelli minimi di prestazioni, che devono essere
riconosciuti a tutti i cittadini, con la specificità degli
interventi effettuati a livello locale da Regioni e Comuni.
(soc)
Liberalismo
Corrente di pensiero che nasce in Inghilterra e in Olanda
intorno alla fine del secolo XVII come antitesi radicale ai
residui caratteri medievali e feudali delle società del
tempo. Ad essi contrappone una nozione individualistica dei
fondamenti della vita civile, il cui cardine è il
riconoscimento di fondamentali e inalienabili diritti
individuali, propri di ciascun membro del corpo sociale,
ritenuti preesistenti alla creazione della società civile.
L’intraprendenza economica, l’esercizio dei grandi traffici
commerciali, il progresso economico borghese, possono
realizzarsi appieno solo in un clima sociale e politico
aperto all’iniziativa individuale, pronto a esaltarne le
potenzialità, e a difenderne ogni libera manifestazione.
Magistero sociale
Con il Concilio Vaticano II questo è il nome preferito a
Dottrina Sociale della Chiesa che, comunque, rimane più
diffuso. La dottrina sociale della Chiesa abbraccia il
settore specifico dell’insegnamento della Chiesa che applica
le norme della fede e della morale ai problemi sociali. Essa
infatti vuole significare un corpo di proposizioni e di
direttive, il cui contenuto costituisce una “dottrina”, più
o meno organica, in rapporto a questo tempo, con categorie
sociali e religiose ben determinate.
Mano invisibile
Secondo la teoria del liberismo smithiano, ogni operatore
economico agisce sul mercato mosso esclusivamente dal uso
interesse individuale; ma l’influenza di domanda e offerta
sui prezzi, e di questi sulle decisioni degli operatori,
agisce come una “mano invisibile” che genera un continuo
adeguamento tra produzione e domanda. L’operare della “mano
invisibile”; che trasforma l’egoismo individuale nel
benessere collettivo, richiede però che i produttori siano
liberi di spostarsi da un settore all’altro, cioè che ogni
attività economica sia aperta all’ingresso di nuovi
operatori, in grado di entrare in concorrenza con i vecchi
operatori già stabiliti nel mercato.
Marxismo
L’economia marxiana rappresenta a un tempo uno sviluppo e
una rottura con l’economia politica classica inglese (A.
Smith, D. Ricardo). La teoria del valore-lavoro, secondo la
quale le merci tendono a essere scambiate in proporzione al
tempo di lavoro socialmente necessario incorporato, è comune
ad ambedue le scuole. Ma diversamente dai classici, Marx era
prevalentemente interessato non tanto ai rapporti
quantitativi di scambio, quanto ai reali rapporti
sottostanti, celati dai fenomeni di mercato. In questa
analisi come in tutta la sua elaborazione teorica, Marx
cercò di andare al di là dell’apparenza esteriore delle
cose, per scoprirne l’essenza nascosta e sottoporla ad
analisi. Fu qui che Marx ruppe con i suoi predecessori e
diede alcuni dei suoi contributi più originali e profondi
alle scienze sociali.
Mass media
Per mass media si intendono l’insieme di emittenti
(tendenzialmente apparati e industrie) che inviano messaggi
(scrittura, immagini, suoni, parole) a riceventi
differenziati per contesto spazio–temporale e non
necessariamente in contatto tra loro. Il pubblico raggiunto
ha una portata ampia (regionale, nazionale, internazionale).
I mass media sono spesso legati a poteri economici e
politici e sono in gran parte legati ai meccanismi della
concorrenza e della pubblicità. Secondo molti esperti
rappresentano uno dei mezzi privilegiati e più potenti per
influenzare il pensiero comune riguardo a determinati
argomenti e problemi, dato che selezionano il tipo di
notizia che deve salire alla ribalta delle cronache e
riportano un fatto con un preciso punto di vista, tacendo
più volte o sottolineando ripetutamente alcuni particolari
piuttosto che altri. Si parla anche del potere manipolatorio
dei mass media: nel corso del tempo gli studi sui mezzi di
comunicazione si sono alternati fra due correnti in
particolare: la prima che attribuisce ai media un “potere
forte” nei confronti del pubblico che riceve e utilizza i
messaggi; l’altra che considera il potere dei mass media
come “debole”, fiduciosa delle capacità critiche dei
riceventi di fronte alla grande quantità di stimoli alla
quale si espongono.
Masse
Da un punto di vista descrittivo la società di massa può
essere definita come una società nella quale la grande
maggioranza dei suoi componenti è coinvolta nella
produzione, nella distribuzione e nel consumo di beni e di
servizi e nella gestione di comportamenti “pubblici”
attinenti alla sfera della comunicazione e della politica.
E’ dunque una società figlia dell’epoca moderna, generata da
uno stadio avanzato di industrializzazione, urbanizzazione e
burocratizzazione. Se questo fenomeno ha corrisposto a un
processo di democratizzazione rispetto alle società élitarie
premoderne, esso ha comportato anche l’emersione di standard
omogenei che hanno appiattito le istanze e le peculiarità
degli individui, in quanto fruitori di beni materiali e
culturali (da cui cultura di massa), oppure intesi come
oggetto di processi di mobilitazione politica verticistici e
massificanti.
Materialismo
Il materialismo è la corrente di pensiero che crede
che solo la materia esista e che qualunque altra cosa, anche
un evento mentale può essere ridotto a materia. Spesso è
stato interpretato come una visione razionalista e
scientifica del mondo, particolarmente da parte di pensatori
religiosi suoi oppositori e anche dai marxisti. Generalmente
contrasta con il dualismo e l’idealismo. Non bisogna
confondere il materialismo filosofico con il termine
materialismo che si usa solitamente in forma dispregiativa
per definire uno stile di vita interessato unicamente al
denaro e all’accumulazione di beni e comodità invece che
allo sviluppo mentale o spirituale. Importante è il
materialismo storico, tipico di Marx, che asserisce che lo
sviluppo dei vari periodi storici è segnato dai diversi modi
di produzione, ovvero 1) dalle capacità produttive della
società in senso sia tecnico che sociale, quindi i mezzi di
produzione materiali e le abilità fisiche e intellettive
degli esseri umani, 2) dalle relazioni sociali entro cui la
produzione è organizzata e 3) dall’essere naturale (fisico)
degli uomini.
Materialisti
vedi materialismo
Mercantilismo
Insieme di dottrine e di politiche economiche
sviluppatesi tra la fine del secolo XVI e la prima metà del
secolo XVIII. Si tratta di elaborazioni frammentarie dovute
a grandi mercanti e a esponenti dell’amministrazione
statale. Il commercio estero è considerato da tutti gli
autori mercantilisti come la principale attività economica
capace di incrementare la ricchezza dello stato attraverso
il perseguimento di una bilancia commerciale attiva e quindi
un aumento delle disponibilità monetarie interne.
mercati finanziari
Sono gli spazi economici in cui operatori di diversa
natura – banche, società di intermediazione immobiliare,
compagnie di assicurazione – offrono strumenti e servizi
finanziari. Tali sono da considerare le attività bancarie e
finanziarie connesse all’intermediazione tradizionale
(erogazione di prestiti, raccolta di risorse finanziarie a
titolo di deposito, concessione di servizi a pagamento), le
attività relative a titoli (emissione, trasferimento e
gestione di valori mobiliari), alle transazioni valutarie
(commercio di valute) e ad alcune attività assicurative.
Recentemente l’internazionalizzazione e la liberalizzazione
di questi mercati ha causato la proliferazione di
un’infinità di nuovi e complessi mezzi di investimento e
speculazione.
Mercato del lavoro
L’insieme dei meccanismi che regolano l’incontro tra
l’offerta di posti di lavoro e le persone in cerca di
occupazione. In termini economici, su questi mercati si
determinano i salari pagati dalle imprese ai lavoratori e il
livello di occupazione complessivo. Ma il mercato del
lavoro, più degli altri mercati, può essere considerato come
una vera e propria istituzione sociale. Infatti la mera
dimensione economica si intreccia con la differenza dei
gruppi nella società (ogni individuo agisce in un contesto
ricco di consuetudini, interessi materiali collettivi,
valori culturali e reti personali). La regolamentazione di
questo mercato è stata parte determinante della iniziale
legislazione sociale con cui lo Stato moderno ha instradato
lo sviluppo capitalistico: recentemente è stata oggetto di
una revisione profonda, con tendenze più o meno radicali
alla deregolazione e alla privatizzazione dei rapporti.
Mezzi di comunicazione
vedi mass media.
Migrazioni
Le migrazioni sono un fenomeno antichissimo e
complesso connaturato all’uomo e alla società. Sono dovute a
diversi motivi come eventi bellici, scoperte geografiche,
tratta degli schiavi, motivi religiosi, disastri naturali,
attività commerciali. Sono un fenomeno che ha sempre
interessato l’intero pianeta. L’attuale configurazione delle
migrazioni può ricondursi a vari fattori: 1) lo sviluppo
quantitativo e qualitativo delle vie di comunicazione e di
trasporto; 2) l’intensificarsi dei flussi economici globali;
3) l’accrescimento delle disparità economiche e della
sperequazione nella crescita demografica fra i vari paesi;
4) la differenza di opportunità occupazionali e retributive
offerte dai paesi in via di sviluppo, dalle nuove nazioni
industriali e da quelle a sviluppo avanzato; 5) la
difficoltà da parte di queste ultime nel reperire
manodopera; 6) l’impatto dei vecchi e nuovi media sulla
diffusione delle informazioni; 7) l’innalzamento dei livelli
di formazione; 8) i movimenti forzati di popolazione dovuti
a conflitti di vario tipo. Dal punto di vista economico i
migranti sono fonte di ricchezza anche per il paese che
lasciano: le rimesse, cioè il risparmio che i migranti
inviano nel Paese d’origine, rappresentano una risorsa moto
importante per l’economia locale. All’inizio degli anni
Novanta costituivano il secondo flusso monetario mondiale
dopo quello derivante dal petrolio.
Modernità
La definizione positiva della modernità come
contrapposta all’ancien régime prende piede quando si supera
la vecchia mentalità che collocava nel passato l’età
dell’oro della civilizzazione. E’ quindi imperniata sulla
tematica del “progresso” delle civiltà (quindi a uno sguardo
fiducioso al futuro) e sulla intenzione di diffondere la
libertà, intesa soprattutto come emancipazione culturale,
religiosa, civile ed economica dei singoli dalla società
organica tradizionale.
Monetarismo
E’ il nome che dopo il 1968 venne assegnato a varie
teorie economiche che affermano che il tasso di crescita
dell’offerta di moneta all’interno di un’economia determina
il tasso d’inflazione dei prezzi. La teoria è legata
all’idea che la quantità di prodotto o il volume
dell’attività economica non variano in relazione ad aumenti
dell’offerta di moneta; la quantità delle merci prodotte
viene trattata come se fosse sempre uguale a ciò che si
produce in condizioni di piena occupazione (legge di Say).
Preoccupazione principale del monetarismo è controllare
l’inflazione controllando l’offerta di moneta, in
contrapposizione con quella keynesiana di controllare la
disoccupazione per mezzo di politiche fiscali. Il
monetarismo viene spesso identificato con politiche
deflazionistiche che inducono la recessione e viene
associata a governi di destra le cui misure economiche hanno
spesso una tendenza deflazionistica.
Monoculturalismo
Si basa su una cultura unificante e omogenea,
intollerante verso le culture minoritarie, che devono
uniformarsi ai modelli prevalenti, con il rischio
dell’omologazione culturale e della perdita della ricchezza
costituita dalla diversità. (soc)
Multiculturalismo
Si fonda sui una compresenza di culture diverse e
distinte, che sono riconosciute anche nella sfera pubblica:
Nonostante il rischio della disintegrazione sociale e
dell’esasperazione delle differenze il multiculturalismo
resta la strategia più adeguata per governare una società
multietnica, accompagnato dal riconoscimento dell’esistenza
di diritti umani universali, che tutelino l’individuo
rispetto alla comunità di appartenenza e consentano un
confronto franco e sereno tra le diverse culture. (soc)
Multinazionali
Imprese di grandi dimensioni che hanno filiali in diversi
Paesi del mondo. Qualcuno preferisce chiamarle
transnazionali perché il cuore, e il portafoglio, di queste
imprese non sono diffusi in più nazioni, ma restano nella
nazione-madre. Si calcola che le prime cento multinazionali
ormai controllino da sole oltre il 60 per cento del
commercio mondiale. E, in un mondo che fa del libero mercato
la propria bandiera, le multinazionali rappresentano una
contraddizione: perché concentrano un potere enorme e
perché, in molti settori, creano, di fatto, oligopoli che
annullano ogni possibilità di concorrenza.
Neoliberismo
Teoria economica che si rifà al liberismo settecentesco, ma
con una più drastica avversione per l’intervento dello Stato
in ogni settore dell’economia (anche quelli legati
strettamente al welfare come l’assistenza, la sanità,
l’istruzione). Fondatore del liberismo è Adam Smith. Negli
anni Settanta e Ottanta, a partire da alcune università
americane, il neoliberismo riporta a nuova vita le teorie di
A. Smith, assolutizzando il sistema del libero mercato,
dell’iniziativa privata e della concorrenza. Il ruolo dello
Stato viene man mano ridotto a quello di uno spettatore
passivo (semmai custode delle regole) e marginale. La
concezione neoliberista è quella che, di fatto, detta le
regole alla globalizzazione così come si è affermata negli
ultimi trent’anni.
Pianificazione centralizzata
La pianificazione centralizzata, introdotta da Stalin nel
1928 nell’Unione Sovietica ed estesa dal 1945 a tutti i
paesi a regime politico comunista, mira a realizzare
un’economia di Stato in cui offerta e domanda sono guidate
esclusivamente da un piano pluriennale di programmazione
economica. Lo Stato, proprietario di tutti i mezzi di
produzione, determina infatti a priori orientamenti e
livelli della produzione in rapporto ai propri fini. Ad una
economia di mercato si sostituisce così un’economia di
consumo: prezzi e salari divengono mezzi di distribuzione
che determinano la quota che l’individuo riceve dalla somma
totale dei prodotti che il potere centrale mette a
disposizione della società.
Piena occupazione
In termini economici, la forza lavoro, è pienamente
impiegata, se tutti coloro che sono alla ricerca di un posto
di lavoro possono trovarne uno entro un periodo di tempo di
ragionevole. Poiché questa definizione è orientativa, in
genere il pieno impiego della forza lavoro viene definito
facendo riferimento ad una qualche convenzione: per esempio
si definisce una condizione di pieno impiego quando il tasso
di disoccupazione assume un basso livello, precedentemente
definito.
Povertà e ricchezza
vedi alla voce “ricchezza e povertà”
Profitto
Valore che si determina quando la somma dei costi
sostenuti da un soggetto economico in un determinato periodo
di tempo (generalmente l’anno solare) è inferiore alla somma
di tutti i ricavi riferiti allo stesso periodo; rappresenta
quindi la ricchezza prodotta dalla gestione imprenditoriale
nel periodo considerato.
Proprietà
E’ un’istituzione sociale, regolata dalla legge e/o dal
costume che ha assunto forme diverse nei vari tipi di
società. La proprietà può essere comune o privata (di una
collettività o di un individuo). Bisogna, inoltre, porre fra
proprietà personale e proprietà privata una distinzione
risultata centrale nelle dottrine dei partiti socialisti: la
prima si riferisce ai possedimenti, la seconda concerne i
mezzi di produzione. Durante il XX secolo si è cercato di
porre dei limiti alla proprietà privata fornendo più
controllo ai cittadini sulle risorse destinate al consumo
personale; oppure mediante una tassazione progressiva che
ridistribuisse le ricchezze. Tuttavia è ancora forte
l’accumulazione in poche mani di grandi risorse e proprietà
a scapito di una grande maggioranza ai limiti della povertà.
Con la fine del XX secolo sono andati cambiando i termini
della discussione sui diritti di proprietà: alcuni
considerano negativamente la proprietà pubblica come un modo
per creare nuove strutture di potere; altri invece credono
che, in sistemi politici democratici, sia auspicabile una
parte di proprietà e investimento pubblico nelle
infrastrutture di servizio. Una questione di frequente
dibattito è quella che riguarda la natura del bilanciamento
efficace fra proprietà pubblica e proprietà privata, un
equilibrio che renda tollerabili le disuguaglianza di
ricchezza e potere e definisca il livello di
regolamentazione che il potere pubblico deve avere riguardo
all’uso delle risorse produttive.
Rappresentanza
Meccanismo per la formazione di una volontà politica che
comprende la dimensione della “messa in scena” di un corpo
politico unitario (con reminescenze teatrali) e la parallela
dimensione più privatistica dell’affidamento a un
“rappresentante” del compito di tutelare gli interessi
(materiali ed ideali) del rappresentato. Via via sedimentata
attorno a procedure di tipo elettorale, la rappresentanza ha
trovato il suo canale prioritario di realizzazione nei
partiti politici moderni.
Rendita
E’ il valore generato nel corso di un periodo di
tempo dalla condizione patrimoniale di un soggetto economico
(beni immobili, proprietà terriere, titoli finanziari).
Nella fase ascendente delle società capitalistiche, si
contrappone per la sua staticità alla dinamicità del
profitto imprenditoriale. Nella fase matura tende ad
estendersi oltre gli strati elevati della società e a
configurare un corpo sociale di stabilità e conservazione.
Ricchezza e povertà
Per stabilire la ricchezza o la povertà di una
persona o di un gruppo esistono dei parametri che che
indicano tre possibilità: 1) quella di condurre una vita
lunga e sana; 2) di acquisire conoscenze; 3) di accedere a
risorse necessarie a mantenere un tenore di vita dignitoso,
quindi la speranza di vita alla nascita. Nel 1990 l’UNDP
(United Nations Development Programme) ha presentato nel suo
“Rapporto su lo sviluppo umano” l’ISU o HDI (Indice dello
Sviluppo Umano, Human Development Index), che racchiude
questi tre parametri. Per povertà, quindi, intendiamo la
scarsità di mezzi di sussistenza e dunque l’impossibilità di
soddisfare i bisogni fondamentali o primari. La povertà
impedisce, o rende difficoltoso, l’accesso a beni non solo
materiali, ma anche culturali, crea, di fatto, una
situazione di vulnerabilità agli eventi avversi e provoca
esclusione dal tessuto sociale e istituzionale. Per
ricchezza, invece, intendiamo la dotazione di beni tangibili
(contante, depositi bancari, titoli, beni mobili e immobili)
e intangibili (livello di cultura, capacità e conoscenze
costitutive del cosiddetto capitale umano) cui è
attribuibile un valore economico. La ricchezza favorisce
l’accesso al tessuto sociale e istituzionale e protegge da
eventi avversi.
Rivoluzione informatica
Processo tecnologico che vede l’applicazione di strumenti di
elaborazione informatica delle informazioni sia alla
comunicazione che alla produzione di beni e servizi. Impulso
preponderante in questa direzione è derivato dagli ambienti
militari e da quelli scientifici. I primi calcolatori
elettronici sono costruiti negli anni ’50. Nel 1969,
l’agenzia di progetti di ricerca avanzata (ARPA) del
Dipartimento americano della difesa connette in rete
(Arpanet) quattro computer di altrettanti centri di ricerca
e università al fine di favorire la comunicazione
scientifica. Negli anni ’70 l’informatizzazione della
produzione tende a mutare significativamente la produzione
di massa, con risparmi sul fronte dello stoccaggio e della
ricerca, e incrementi notevoli della flessibilità e della
qualità della produzione. Negli anni ’80 il personal
computer abbassa i suoi costi e quindi, allacciato alla
linea telefonica, si trasforma in strumento di
comunicazione. che consente a milioni di utenti comuni di
accedere a una rete.
Sinistra
Il termine risale all’epoca della Rivoluzione
Francese quando i deputati progressisti si sedevano nei
seggi a sinistra del Presidente. I partiti di sinistra si
propongono di incentivare e velocizzare il cambiamento delle
norme, delle leggi e delle istituzioni. Possiamo distinguere
fra una sinistra moderata, riformista, che si propone di
mettere in atto questi cambiamenti in modo graduale e una
sinistra estrema, che aspira a mutamenti rapidi e radicali.
sistemi parlamentari moderni
I sistemi costituzionali moderni, dalla rivoluzione
francese in poi, prevedono la creazione di assemblee – nate
spesso come sviluppo di forme politiche dell’ancien régime –
che raccolgono i rappresentanti del corpo elettorale.
Elezione, composizione, organizzazione e durata del
parlamento variano a seconda dell’epoca storica e dei
connotati sociali di un paese. All’interno dei parlamenti si
sono spesso sviluppati almeno i primi stadi di vita dei
partiti moderni. Il parlamento, sia pure in forme diverse,
interviene in tutti gli stadi del processo politico moderno
secondo quattro funzioni fondamentali: rappresentanza,
legislazione, controllo dell’esecutivo e legittimazione
politica. Nello specifico, il regime parlamentare di governo
(quando l’esecutivo si regge sulla fiducia di una
maggioranza parlamentare) costituisce uno dei sistemi di
soluzione del rapporto tra potere esecutivo e potere
legislativo.
Socialismo
Il socialismo nasce dalla dissoluzione dell’ancien
régime e si propone come pensiero progressista. Alla base
del socialismo rimane l’idea che la storia segue una
direzione e che gli interventi politici debbano essere
adeguati per aiutare a individuarne il tragitto e
accorciarne il percorso. A partire dal fondamento che vede
gli uomini tutti uguali fra loro, il pensiero socialista
esalta il primato della comunità sull’individuo, ma si
differenzia dal comunismo per vari motivi: uno di questi è
che il comunismo, per creare uguaglianza effettiva si
propone di regolare il consumo dei beni, il socialismo,
invece, mira a regolare la loro produzione. Diversamente da
Marx, poi, i socialisti sostengono che le libertà formali
della partecipazione politica possono consentire di
modificare la distribuzione delle risorse e del potere,
allontanandosi, almeno per quanto riguarda la corrente più
moderata, dal sostenere la necessità di una rivoluzione.
Rimane la critica nei confronti della democrazia liberale
considerata non sufficiente per un governo efficace. Il
socialismo racchiude al suo interno due principali correnti:
la riformista che vede nella gradualità il metodo migliore
per raggiungere gli obiettivi socialisti; la seconda
corrente è quella rivoluzionaria che considera il
cambiamento repentino come un’esperienza catartica e
liberatrice dalla tradizione e dall’autorità ereditata.
Società
E’ praticamente impossibile esaurire un termine
“forte” come società nell’ambito di una definizione, a meno
che non ci si limiti a quella generica ed insoddisfacente di
“insieme di persone tra cui esistono dei legami, e che
compongono l’umanità”. Volendo entrare nel dettaglio
dobbiamo esaminare almeno altre due categorie, sempre molto
generali, di definizioni: l’una classifica come società ogni
aggregato di persone caratterizzato da elementi oggettivi
(strutturali o culturali), mentre l’altra parte da un
approccio relazionale definendo la società come insieme di
istituzioni e modelli culturali che tendono a conservarsi
nel tempo. Nel primo caso, la definizione pone l’accento
sulla constatazione immeditata del fatto che gli uomini
tendono a vivere in forma aggregata, e di conseguenza hanno
un sistema di norme e valori; nel secondo caso invece
dall’esistenza di un sistema di norme e valori si passa ad
esaminare le caratteristiche delle forme specifiche di vita
aggregata. Gli elementi per cui un insieme di individui
interagenti può essere definito come società sono stati
diversamente elencati e si possono ridurre a cinque: il
possesso di un territorio, il reclutamento prevalente dei
nuovi membri per mezzo della riproduzione sessuale,
l’esistenza di una cultura comune che serva da sistema di
riferimento per tutti i membri, il possesso di istituzioni o
di strutture che consentano il soddisfacimento dei bisogni
della popolazione, e la continuità nel tempo. Secondo
taluni, all’elenco va aggiunto un sesto elemento, la
consapevolezza dell’appartenenza.
Stato sociale
vedi welfare state
Sussidiarietà
Il principio di sussidiarietà trova la formulazione
nell’enciclica Quadragesimo anno, pubblicata da Papa Pio XI
nel 1931 e nella Mater et Magistra di Giovanni XXIII. Con
questo concetto si intende chiarire quale deve essere il
rapporto tra società e Stato, tra cittadini e istituzioni.
L’autorità politica ricopre un preciso ruolo di subsidium,
ossia di “aiuto” alla società, da cui il termine
sussidiarietà. Lo Stato non svolge direttamente ed
esclusivamente i compiti e le attività che possono e devono
essere prerogativa della società civile; non si sostituisce
ad essa, ma si limita a porre le premesse, le condizioni,
affinché la società compia attività sociali autonomamente.
Il compito principale dello Stato è quello di assicurare il
coordinamento delle varie attività svolte dalla società
civile, allo scopo di ricondurle ad un fine generale e
unitario: la conservazione, la promozione e l’incremento del
Bene comune della società intera. Lo Stato deve coordinare
le “realtà intermedie” (famiglia, centri culturali,
associazioni, ecc.) che rappresentano gli spazi nei quali il
singolo uomo, incontrandosi con altri, può trovare la
propria espressione e realizzazione in ambito sociale; i
luoghi nei quali l’azione del singolo individuo non
appartiene più alla sola sfera privata, ma acquista una
dimensione e una valenza anche di carattere pubblico. La
società viene così concepita e organizzata secondo un
modello a centri concentrici anche a livello politico e
istituzionale: l’autorità civile è individuata via via in
Comune, Provincia, Regione, Stato, Unione Europea, Comunità
internazionale. Per quanto riguarda l’aspetto economico,
nella Mater et Magistra si dice che “deve sempre essere
riaffermato il principio che la presenza dello Stato in
campo economico, anche se ampia e penetrante, non va attuata
per ridurre sempre più la sfera di libertà dell’iniziativa
personale dei singoli cittadini, ma anzi per garantire a
quella sfera la maggiore ampiezza possibile nell’effettiva
tutela, per tutti e per ciascuno, dei diritti essenziali
della persona; fra i quali è da ritenersi il diritto che le
singole persone hanno di essere e di rimanere normalmente le
prime responsabili del proprio mantenimento e di quello
della propria famiglia; il che implica che nei sistemi
economici sia consentito e facilitato il libero svolgimento
delle attività produttive”. Quanto detto non significa che
lo Stato debba ridurre drasticamente il proprio intervento:
non è sussidiarietà, per esempio, lasciare che la società
intervenga in ambiti di volontariato, assistenza, carità al
fine di coprire gli spazi che sono lasciati scoperti dallo
Stato. In tal modo l’intervento della società si
presenterebbe come sussidiario rispetto allo Stato, mentre,
sulla base del principio di sussidiarietà, i rapporti devono
essere impostati nel senso esattamente opposto.
Terza via
La terza via cerca di andare oltre le due filosofie
politiche dominanti del dopoguerra. Diversamente dai
neoliberisti, i teorici della terza via pensano che la
globalizzazione richieda una gestione collettiva, che
richieda, perciò, un’amministrazione attiva, a tutti i
livelli, globale, nazionale e locale. La terza via non vede
nella globalizzazione un ridimensionamento del ruolo
dell’amministrazione, bensì una sua maggiore importanza.
Tuttavia la “amministrazione” non deve più essere
identificata semplicemente con il governo nazionale. Un
obiettivo primario della terza via è proprio quello di
riaffermare le identità nazionali in un quadro globale. La
terza via non cerca di amministrare tutto, ma di
amministrare in modo dinamico. Pone un forte accento sul
rinnovamento delle pubbliche istituzioni, ma non equipara
più il “pubblico” con lo “statale”. Spesso infatti le
pubbliche istituzioni vengono meglio tutelate, o ravvivate,
da più entità combinate, di cui lo stato è solo una. Ad
esempio, nelle regioni dove la concorrenza esterna o i
cambiamenti tecnologici hanno distrutto l’industria locale,
l’interventismo governativo di vecchio stampo si rivela di
scarsa utilità. Invece, un intervento concertato con le
imprese e le comunità locali può contribuire a rilanciare lo
sviluppo economico. I teorici della terza via insistono sul
fatto che lo stato assistenziale necessita di una riforma
radicale, ma non vogliono ridurlo a una semplice ancora di
salvezza. Piuttosto, come per altri aspetti del programma
della terza via, il punto fondamentale è la modernizzazione.
Uno stato assistenziale modernizzato è uno stato riformato
internamente e adeguato alle esigenze del mercato globale.
Tra le altre cose, questo implica il miglioramento
dell’istruzione e della capacità occupazionale,
l’eliminazione delle sacche di povertà e la modifica dei
sistemi pensionistici. Questo pensiero non implica, e non
deve implicare, il soccombere alle regole del mercato e
l’abbandono del tradizionale interesse della
socialdemocrazia verso la giustizia sociale. La terza via
deve contemplare un nuovo programma di ridistribuzione, che
sia però compatibile con l’iniziativa privata e la libertà
individuale.
Terzo settore
Se il primo settore è lo Stato e il secondo è il
mercato, il Terzo settore (o non profit o economia civile)
fa riferimento alle realtà “private” che operano al di fuori
della logica del profitto. A fronte della crisi, nei sistemi
sociali moderni, dell’azione solidaristica, poco diffusa a
causa delle difficoltà di riconoscimento reciproco del suo
valore simbolico e per la scarsità di circuiti pubblici di
circolazione del dono, una nuova risorsa per facilitare
questa circolazione sta proprio nell’esistenza delle
organizzazioni non-profit. Queste offrono ai loro membri
mezzi e consapevolezza che li rendono in grado di fornire
prestazioni di solidarietà asimmetrica, senza ritorno.
L’esistenza stessa dell’organizzazione non-profit è
l’elemento che certifica l’affidabilità del dono, funge da
referenza. Nel corso del tempo la qualità di queste
organizzazioni è andata mutando. In un primo momento (anni
‘70) l’organizzazione di queste realtà era informale e
basata sul volontariato (fase pionieristica); con gli anni
’80 è cominciata un’evoluzione che ha accentuato
l’importanza di figure professionali, specializzate che
portassero avanti il lavoro dell’organizzazione e fornissero
un sevizio competente. Lo Stato stesso, in questo decennio
ha preferito delegare in misura sempre maggiore gli
interventi di solidarietà alle realtà del Terzo settore,
tessendo le lodi delle loro capacità. Nel panorama di queste
organizzazioni potremmo distinguere diverse tipologie: 1) le
cooperative sociali; sono fondate per sostenere la
promozione umana e l’integrazione sociale e lavorativa dei
cittadini svantaggiati. Abbiamo due tipi di cooperative: a)
quelle che perseguono l’interesse della comunità alla
promozione umana e all’integrazione sociale gestendo servizi
socio-sanitari ed educativi; b) quelle che svolgono attività
agricole, industriali, commerciali o di servizi finalizzate
all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate. 2) le
associazioni sono un gruppo di persone che si riunisce per
uno scopo comune: hanno un grado minimo di
istituzionalizzazione e di esistenza formale; non hanno
finalità di lucro, sono indipendenti, svolgono un’attività
pubblica e di pubblica utilità. 3) le fondazioni sono
organizzazioni senza fine di lucro, dotate di patrimonio
proprio impegnate in molti settori; un particolare tipo,
anche dal punto di vista giuridico sono le fondazioni
bancarie. 4) le ONG (Organizzazioni Non Governative) sono
organizzazioni private che operano nel campo della
cooperazione allo sviluppo e della solidarietà
internazionale.
Tonnies Ferdinand
Sociologo e filosofo tedesco, per le sue prese di
posizione contro il nazismo nel 1933 fu privato dei titoli
accademici. Tonnies distingue due tipi fondamentali di
organizzazione sociale: la comunità (l’ordinamento del
consenso delle volontà (che si fonda su legami sentimentali
generatisi da originari vincoli di sangue; e la società
(l’ordinamento della convenzione) che poggia sulle relazioni
contrattuali di individui per il resto tendenzialmente
separati tra loro. A questi ordinamenti della convivenza
sociale corrispondono due diverse forme di diritto. La prima
è data da un diritto comunitario, radicato nella vita
familiare e orientato alla disciplina di situazioni legate a
un’economia prevalentemente rurale. La formalizzazione di
tale diritto è opera della religione, vissuta come volontà
divina e concretamente affidata all’interpretazione di una
casta dominante. La seconda forma trae la sua origine dalla
disciplina convenzionale dei traffici, questa diviene poi
diritto valido ed efficace grazie all’intervento dello
stato. In questo sistema di relazioni il diritto è parte
integrante della politica statale, come strumento di
regolamentazione e di indirizzo dei fenomeni sociali. La
distinzione di T6nnies è riecheggiata nelle analisi di E.
Durkheim sulla solidarietà meccanica e organica, e nei tipi
ideali di relazione sociale (comunità e associazione) di M.
Weber. Opere principali: Comunità e società (8a ed. 1935); I
costumi (1909); L ‘evoluzione della questione sociale (4a
ed., 1926); Critica del!’ opinione pubblica (1922); Guida
alla sociologia del diritto (1931); Lo spirito del nuovo
tempo (1935).
Totalitaria
vedi totalitarismo
Totalitarismo
Con questo termine si contraddistingue un regime di governo
che cerca deliberatamente di costruire un consenso nei
confronti della piccola élite dominante agendo attraverso
organizzazioni di massa, assumendo il monopolio dei mezzi di
produzione culturale, con i mass media, il controllo
sociale, la propaganda, la coercizione. In questo tipo di
regime si riscontra un culto del leader e l’intento di
incanalare tutte le energie sociali, politiche, economiche e
creative verso la realizzazione dell’utopia racchiusa nel
dogma ufficiale. Tipici esempi storici sono la Germania
nazista e la Russia stalinista, il governo di Pol Pot in
Cambogia, di Ceausescu in Romania e Saddam Hussein in Iraq.
Welfare State
Il termine “Welfare State” o “Stato Sociale” (letteralmente
“Stato del benessere”) viene utilizzato a partire dalla
seconda guerra mondiale per designare un sistema socio-
politico-economico in cui la promozione della sicurezza e
del benessere sociale ed economico dei cittadini è assunta
dallo Stato, nelle sue articolazioni istituzionali e
territoriali, come propria prerogativa e responsabilità. Il
Welfare State si contraddistingue per una rilevante presenza
pubblica in importanti settori quali la previdenza e
l’assistenza sociale, l’assistenza sanitaria, l’istruzione e
l’edilizia popolare; e tale presenza si accompagna
generalmente a un atteggiamento interventistico e
dirigistico nella vita economica, sia a livello legislativo,
sia attraverso la pianificazione e la programmazione
economica, sia attraverso imprese pubbliche. Il Welfare
State, con il corollario dello Stato-imprenditore,
rappresenta la modalità di gestione dello Stato
contemporaneo nei paesi capitalisti a regime democratico.
Dalla metà degli anni 1960 si è cominciato a parlare di
“Stato assistenziale”, come degenerazione dello “Stato
sociale”, per indicare la crisi profonda di tale modello
nella generalità dei paesi in cui è stato adottato.
