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P. Gaiotti, Passare la mano. Memoria di una donna dal Novecento incompiuto, Viella, Roma 20

Come è possibile passare un testimone cercando di comunicare tutto il proprio patrimonio di idee, pensieri, esperienze, speranze e forti preoccupazioni?
Questa pare essere la sfida raccolta nel nuovo libro di Paola Gaiotti de Biase1, in cui si intrecciano ricordi ed emozioni di una protagonista di una lunga stagione italiana, in prima linea dal rinnovamento conciliare della Chiesa sino alla sfida dei cattolici democratici in politica nella Dc ed oltre.
L’autrice di questo bel libro, che non è un’autobiografia ma semmai una critica ed analisi di sé stessa non è certo personaggio descrivibile con un unico aggettivo.
E’ stata, di certo, una protagonista della politica italiana: nella Dc fino al 1984, anche come parlamentare europea, nel mentre presidente della Lega democratica fino all’impegno, come deputato, nel Pds ed infine nell’Ulivo.
Tuttavia, se la politica può esser vista come il frutto della sua esperienza di vita, le radici sono altrove: nel mondo della scuola, nelle collaborazioni Universitarie dove è stata tra le prime ad occuparsi di storia delle donne sino al suo impegno nel mondo della cultura cattolica, dalla rivista «Esprit» alla partecipazione attiva nel Cif (Centro italiano femminile).
Insomma in Paola Gaiotti, da quel che emerge tra le righe del libro, si radicano fortemente due stelle polari che ne guidano l’azione: da un lato l’esperienza cristiana vissuta come momento culturale ed esistenziale e dall’altro un appassionato amore per la res publica in cui, nonostante parecchie delusioni, si butta con un sentimento di laicità appreso dai padri costituenti «non perché credente ma perché cittadina».
In queste pagine il lettore ritrova vita, sentimenti, impegni, ricerche di una donna che ha saputo vivere a tutto tondo un secolo di grandi turbolenze, cambiamenti e rivoluzioni. Ciò che forse più appassiona di questa donna straordinaria è la capacità di saper leggere la storia nel suo divenire e saper accettare le sfide che la modernità ha posto alla Chiesa ed alla politica.
Quindici anni di vita «piena»
Passaggio particolarmente toccante è la narrazione dell’appassionante stagione del Concilio, iniziato quando la Gaiotti aveva 35 anni ed a cui si avvicina con grandi speranze, nella certezza che questo appuntamento fosse essenziale per far rinascere una Chiesa «amica della storia moderna e delle libertà conquistate, una Chiesa segnata dalla sovranità in essa del messaggio evangelico, dal primato della coscienza sulla legge».
Il rinnovamento della Chiesa tramite il Concilio a cui segue anche la brillante esperienza della Lega democratica sembra far presagire anche una stagione di rinnovamento politico che pare manifestarsi nell’azione di personaggi come Aldo Moro e nell’entusiasmo mondiale per la presidenza Kennedy.
Questo è indubbiamente il quindicennio che l’autrice definisce «più pieno» della sua vita ma che non manca di dare delusioni e generare un sentimento di sconfitta, che nel libro traspare in maniera non velata in più punti. Moro (e anche Kennedy) verranno assassinati mentre la Dc e alcuni ambiti ecclesiali si dimostreranno indifferenti ai germogli di novità ponendo le basi per il declino degli anni Ottanta segnato dalle linee guida di Reagan e dall’egemonia craxiana in Italia.
L’onestà intellettuale con cui l’autrice ammette sconfitte ed occasioni mancate è senza dubbio un altro tratto peculiare e tra i più interessanti del libro, che però non si abbandona ad un pessimismo di fondo ma riesce a generare, nonostante tutto, segnali di speranza o per lo meno di ammirazione per una generazione di cittadini «appassionati» che hanno saputo combattere delle buone battaglie.
Tali battaglie, come è ovvio, non si sono esaurite nel declino degli anni Ottanta ma sono continuate negli anni più recenti, quelli descritti nell’ultimo capitolo del libro dedicato al quindicennio 1994-2008, che potremmo anche definire come la stagione del berlusconismo.
Da una generazione a un’altra
Questi anni di svilimento del dibattito parlamentare, di caduta del senso civico e pluralismo informativo e culturale sono descritti con disaffezione ma anche con la consapevolezza che meriterebbero maggior distacco per essere trattati in maniera più oggettiva.
In ogni caso questa è vista come la stagione segnata «dal disagio del credente conciliare, che è un disagio insieme ecclesiale e politico» e dal timore che, come scrive Romano Prodi nell’introduzione al volume, l’esperienza qui descritta sia stata «un’esperienza unica, quasi impossibile da riprodurre per la drammatica particolarità dei lunghi anni in cui essa si è dipanata e, soprattutto per l’assoluta unicità dell’ambiente in cui si è svolta e l’altrettanta unicità delle persone che un tale ambiente hanno animato».
Insomma, potremmo dire una vita trascorsa in trincea, fatta di «battaglie di minoranza», ma tutte di valore, generate da una forte passione per la società, intesa come comunità di uomini e donne.
Il suo percorso di cittadina e di cattolica è stato sempre guidato da un forte intento «umanistico» che l’ha portata a comprendere che il Vangelo non può che declinarsi nelle quotidianità delle persone ed a condividere l’idea che, come ha scritto Enzo Bianchi2, «o la fede cristiana ha uno spessore umano oppure non è vera fede cristiana: il cristianesimo è sempre un umanesimo».
Intorno a lei si sono sempre raccolti tanti personaggi importanti per l’universo del cattolicesimo democratico ma anche dell’esperienza comunista, tra cui si può citare Annarita Buttafuoco, con cui l’autrice ha vissuto fianco a fianco successi e sconfitte. Nel libro si incrociano le vite di brillanti personalità scomparse precocemente come Vittorio Bachelet, Aldo Moro, Tommaso Morlino, e quelle mancate più di recente, come Beniamino Andreatta, Pietro Scoppola e Giuseppe Alberigo.
È quindi nella consapevolezza della fine di questa generazione che Paola Gaiotti scrive per «passare la mano», come recita il titolo.
Probabilmente certa che, come si legge nel sottotitolo, il Novecento sia ancora incompiuto sia dal punto di vista del rinnovamento ecclesiale, sia da quello politico per non parlare poi delle battaglie femministe che la Gaiotti ha sempre appoggiato per promuovere le donne in ruoli di responsabilità e di decisione. In particolare, il femminismo cristiano che Paola Gaiotti ha saputo promuovere è di certo stato un leit motiv nella vita dell’autrice: liberatorio, anticipatorio nei tempi e nei contenuti, quasi profetico e per questo oggi ancora incompiuto.
Da ultimo, se Prodi, a buon diritto, nel chiudere la prefazione si appella solo ad una «generica speranza» per attenuare il senso di smarrimento verso un presente difficile da amare, chi legge il libro ed appartiene a generazioni più giovani deve riuscire a coglierne l’invito a non disinteressarsi della «città dell’uomo», imparando la lezione di chi ha preceduto, sapendo anche che, talvolta, c’è più nobiltà nella sconfitta che in certe vittorie.
Forse la cosa più importante, sembrerebbe dire Paola Gaiotti, è non aver paura di combattere se convinti della buona battaglia sperando che, come scriveva sant’Ambrogio, «Se i tempi sono cattivi, i tempi sono pesanti, i tempi sono difficili, voi cercate di vivere bene e muterete i tempi».

1 P. Gaiotti de Biase, Passare la mano. Memoria di una donna dal Novecento incompiuto, Viella, Roma 2010.
2 E. Bianchi, La quaresima, banco di prova per l’umanesimo cristiano, “La Stampa”, 1 marzo 2009.