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La tela di Prodi. Una Costituzione per un’Europa più democratica, Baldini e Castoldi, Milano 2003

La tela di Penelope per la nuova Europa

Il tomo è indubbiamente corposo. Sulla copertina spicca la foto del presidente della Commissione europea, ritratto in uno dei suoi tipici atteggiamenti, bonario ma deciso. Si tratta della pubblicazione in lingua italiana di un documento che potrebbe essere definito «storico»: il progetto di costituzione europea che Romano Prodi ha presentato in una seduta della commissione nel dicembre del 2002. Discusso ma non adottato dall’intera commissione, esso rimane nella forma di «studio di fattibilità», che ha l’autorevolezza  personale e politica dell’autore e non quella di una istituzione. Si tratta cioè di un contributo tra i più importanti all’ampio dibattito che sta svolgendosi nelle sedi istituzionali europee. E’ un documento politico significativo, in cui il presidente si impegnato con forza ad esprimere la sua «visione» del futuro dell’Europa.


Una tela complessa

Il progetto è denominato Penelope, alludendo a una tela costruita con pazienza e fiducia, ad una tessitura che ricomincia ad ogni incidente di percorso che abbia causato una rottura del filo. Il nome allude anche al fatto che proprio la sua elaborazione è stata compiuta facendo di giorno e disfacendo di notte, per seguire le parallele complicate evoluzioni della convenzione europea. La vicenda europea – del resto – ha avuto tratti analoghi in tutto il suo cinquantennale percorso: si è sviluppato un continuo costruire di vestiti istituzionali su corpi complessi, in cui si sono sovrapposti esigenze storiche dei popoli europei, necessità o volontà dei singoli stati membri e punti di vista delle istituzioni stesse e delle loro dirigenze. La costruzione comunitaria ha assunto una sua funzionalità nel tempo, ma anche accumulato molti elementi farraginosi. Basti pensare che non esisteva nella miriadi di trattati e convenzioni un testo legislativo fondamentale cui fare riferimento. Ora, dare una svolta al percorso comunitario in direzione di una vera e propria costituzione politica significa razionalizzare, unificare, sfrondare, ma anche rispettare la complessità della trama, per impedire che si spezzi il filo e ceda il tessuto. E però, comporta anche tentare le innovazioni possibili in questo delicatissimo lavoro di ricucitura. Questo è il compito che si è assunto il progetto Penelope. Articolato in 3 parti (principi, diritti e politiche), prevede cinque atti aggiuntivi.

Parecchie centinaia di articoli, in totale. La cui ratio fondamentale è appunto quella di delineare un sistema più democratico, più funzionale e più deciso nel senso dell’integrazione politica. In sintesi, si può dire che la Commissione in questo progetto diventa il vero motore del percorso europeo soprattutto per il generalizzato allargamento del suo potere di iniziativa e di rappresentanza verso l’esterno, pur salvando gli equilibri con il Consiglio dei ministri dei paesi membri (in cui viene però superato il voto all’unanimità) e allargando la codecisione con il Parlamento. Il presidente della Commissione verrebbe designato dal parlamento europeo a maggioranza rafforzata e nominato dal Consiglio, a maggioranza qualificata rafforzata: ciò dà il senso dell’investimento politico sul suo ruolo. In un ulteriore completamento di questo spazio europeo, sono precisate le funzioni delle istituzioni relative alle diverse politiche principali e a quelle cosiddette «di accompagnamento» (mentre tutte le competenze non citate, secondo il principio di sussidiarietà, spettano agli Stati membri). Infine, è previsto un meccanismo di possibile sottrazione di ogni Stato membro nei confronti di una adesione piena alla nuova costituzione, senza che per questo significhi per i suoi cittadini perdere «l’acquisizione» comunitaria raggiunta al momento della decisione ed evitando in questo modo che la mancata ratifica della costituzione da parte di un membro fermi la strada del trattato per tutti gli altri. Se questi sono i punti che appaiono principali, la ricchezza e la precisione dell’elaborato suggerisce molte altre riflessioni, che sono da accostare tramite una lettura diretta.


Oltre il documento

Alla istruttiva proposta di lettura del lungo documento, il volume affianca alcuni saggi che aiutano a focalizzarne i punti più importanti. Sono frutto del lavoro di un gruppo che ha in comune, oltre alla condivisione dell’ispirazione del progetto Prodi, una esperienza di studio umanistico presso le istituzioni universitarie pisane. Il curatore del libro, Beppe Tognon, firma un saggio che chiarisce la portata politica del progetto, nei due risvolti europeo e italiano, oltre a intervistare lo stesso Prodi sul senso complessivo dell’operazione. Vladimiro Giacché pone il problema della sovranità europea in relazione con le acquisizioni dell’unione economica e monetaria, ai tempi dell’Euro. Stefano Ceccanti individua i caratteri “presbiti” del progetto, indicandoli come la massima virtù possibile in tempi di realismi asfissianti. Paolo Russo Caia descrive l’evoluzione del percorso di lavoro che ha portato al disegno, e ne sottolinea gli aspetti istituzionali più importanti.  Viene aggiunta all’opera, oltre a una sintetica bibliografia, un censimento delle risorse disponibili on line su Internet relative all’unione europea e al processo costituzionale, che è curato da Francesco Clementi. Il materiale  è insomma ricco e articolato, e merita di circolare come un punto di riferimento importante, nella nostra epoca in cui il problema europeo si è imposto con evidenza drammatica di fronte al nostro futuro.