Appunti 6_2009

Le molte vite di Mike Bongiorno

Giglio Roncaglia

Forse potrebbe essere considerato «l’alfiere del berlusconismo», in qualche misura a ragione.  Ma Mike Bongiorno ha invece sempre interpretato il ruolo di «alfiere del consumismo», un ruolo discutibile nelle sue finalità, ma sempre lontano dalla politica. La sua vera, unica passione è stata la televisione, tanto è vero che era pronto a una nuova sfida: reinventare per Sky una nuova versione del suo programma di maggior successo, il «Rischiatutto». Sarebbe stata la riproposizione di una strategia televisiva  già avvenuta con Berlusconi, l’utilizzo di uno o più personaggi televisivi dalla forte notorietà con un largo seguito di fedeli telespettatori, per convincerli a spostarsi, abbonandosi, sulla piattaforma satellitare Sky.

Allegria, allegria! Più che un semplice sostantivo, nel tempo, per Micael Nicolas Salvatore Bongiorno è diventato un vero marchio di fabbrica, un brand che ha caratterizzato e marcato la televisione per più di cinquant’anni. Bongiorno è stato una persona, ma soprattutto una figura, che ha accompagnato e testimoniato, professionalmente, le trasformazioni che la televisione italiana ha compiuto in oltre dieci lustri.
Dalla Rai, la televisione pubblica con un ruolo prettamente «pedagogico» (almeno nei primi tre decenni), alla televisione commerciale produttrice di audience (una per tutte Mediaset), per arrivare alla televisione satellitare Sky.
La televisione del servizio pubblico è sempre ritenuta portatrice di valori «sani», piena di informazioni, dispensatrice di cultura, teatro, varietà… In realtà questa immagine appartiene ad una mitizzazione del passato. Sicuramente è stata un punto di riferimento quando l’Italia aveva bisogno di maestri. Ricordiamo il mitico Alberto Manzi con la sua trasmissione «Non è mai troppo tardi» nello sforzo paziente ma determinato nell’insegnare a persone analfabete lo scrivere e il leggere in italiano quando il dialetto era la forma più diffusa di comunicazione relazionale; per non parlare della Tv degli agricoltori, trasmissione dedicata ad alfabetizzare i contadini, ancora legati al mondo delle tradizioni, introducendoli a una nuova cultura produttiva del territorio.
Oggi l’analfabetismo è praticamente sconfitto, il contadino si è trasformato in un imprenditore. In parte, per una piccola parte, lo possiamo tranquillamente riconoscere, la trasformazione sociale è avvenuta anche con il contributo della televisione targata Rai.

La prima vita di Mike Bongiorno

Un intellettuale come Umberto Eco, con un giudizio decisamente duro1, descrisse Bongiorno come «il caso più vistoso di riduzione del superman all’every-man», un uomo che «deve il suo successo al fatto che in ogni atto e in ogni parola del personaggio cui dà vita davanti alle telecamere traspare una mediocrità assoluta unita (questa è l’unica virtù che egli possiede in grado eccedente) ad un fascino immediato e spontaneo».
Mike Bongiorno, scriveva ancora Eco, «non si vergogna di essere ignorante e non prova il bisogno di istruirsi, ma dimostra sincera e primitiva ammirazione per colui che sa. Di costui pone tuttavia in luce le qualità di applicazione manuale, la memoria, la metodologia ovvia ed elementare: si diventa colti leggendo molti libri e ritenendo quello che dicono. Non lo sfiora minimamente il sospetto di una funzione critica e creativa della cultura… L’ammirazione per la cultura tuttavia sopraggiunge quando, in base alla cultura, si viene a guadagnar denaro. Allora si scopre che la cultura serve a qualcosa. L’uomo mediocre rifiuta di imparare ma si propone di far studiare il figlio».
Negli anni ’50-’60 il telespettatore aveva poche conoscenze, era poco scolarizzato, non era diventato un target, era semplicemente uno spettatore che desiderava e si aspettava momenti di evasione, soprattutto il giovedì sera con «Lascia o Raddoppia», o il sabato sera con trasmissioni canore. Ma, contro le previsioni più pessimistiche, il più banale degli oggetti quotidiani stava diventando il simbolo della modernità, nonostante fosse guardato con sospetto dagli intellettuali e temuto dai politici.
All’indomani della nascita della televisione nel 1954, così scriveva, tra lo sconforto, la critica e l’illuminata previsione, Luigi Barzini, avvalorando i dubbi che hanno accompagnato il nuovo servizio televisivo italiano, in un articolo su «La Stampa»2: «Tra breve, senza dubbio, l’apparecchio sarà letteralmente dovunque, dove ora sono radio-riceventi, in parrocchia, nello stabilimento di bagni, nelle trattorie, nelle case più modeste. La capacità di istruire e commuovere con l’immagine unita alla parola e al suono è enorme. Le possibilità di fare del bene o del male altrettanto vaste. L’Italia sarà, in un certo senso, ridotta ad un paese solo, un’unica piazza, il foro, dove saremo tutti e ci guarderemo tutti in faccia. Praticamente la vita culturale sarà nelle mani di pochi uomini».
Mike Bongiorno da attento professionista quale è stato, ha intercettato i desideri e le necessità di un pubblico che per la prima volta ricopriva il doppio ruolo, di osservatore e protagonista.
Franco Monteleone3 traccia con lucidità come il fascismo riuscì ad educare una grande parte di pubblico radiofonico utilizzando soprattutto la radio per ottenere consenso: «Il fascismo, che aveva fatto del sentimentalismo di massa la sua cassa di risonanza, aveva compreso bene”quale efficacia suggestiva, quale carica emotiva potesse raggiungere un’accorta disposizione dei microfoni, pronti a raccogliere e amplificare il grido della folla, lo strepitio delle campane, delle fanfare, dei colpi di cannone e, soprattutto, la voce fremente di uno speaker invasato».
E ancora: «Il modello dell’informazione e della diffusione culturale di massa, negli anni che vanno grosso modo dal 1935 al 1955, corrisponde al modello sociale e ideologico che l’Italia aveva espresso nel corso della sua recente storia: un modello retorico-nazionalistico di tipo scolastico alimentato nell’orizzonte della famiglia piccolo-borghese»4.
Il cinema, altro strumento usato dal fascismo, era molto presente nelle abitudini delle famiglie italiane, ma non assumerà mai il ruolo di testimone della realtà per la sua naturale propensione immaginifica legata al racconto.
La televisione ha rappresentato e rappresenta il filo diretto con gli accadimenti del mondo, dove il telespettatore può assistere divenendone il testimone. Mike Bongiorno ha ben interpretato il modello retorico della famiglia piccolo borghese, non solo come protagonista televisivo, ma da attore di fotoromanzi, molto diffusi negli anni ’50-’60.

La seconda vita di Mike Bongiorno

Mike Bongiorno è passato dal ruolo di conduttore a quello di «garante» sulla bontà del programma, da ideatore di format televisivo a televenditore. Proprio per la capacità di incarnare la «mediocrità», Mike è stato il vero alfiere della televisione commerciale, impresa che ha innovato il modello di business rispetto alla televisione targata Rai; la gratuità dell’offerta contro il pagamento del canone. La Tv commerciale ha nell’audience il suo punto di forza, l’imperativo categorico della programmazione, che è una macchina per produrre maggioranza.
Ma non solo, con l’avvento della Tv commerciale, mentre prima l’economia «ruotava» intorno all’élite, gli spazi che la Rai dedicava alla pubblicità erano pochi e mal distribuiti,  ora ruota attorno alla massa passiva dei consumatori. Oggi, il consumo è il tema dominante della televisione, è diventato un modello includente (comunicare con tutti) e non escludente come era negli anni tra i Sessanta e gli Ottanta. La Tv si è trasformata, in una macchina per produrre desideri con il format del infotainment.
Il motore economico delle televisioni commerciali sono gli introiti generati dalla pubblicità. Silvio Berlusconi, utilizzando il seguito dei telespettatori di Mike Bongiorno, ingaggiandolo, ha permesso la crescita esponenziale di una microscopica emittente di quartiere in un gigante di proporzioni europee. I due personaggi sono stati «convergenti» per quanto riguarda le visioni del marketing televisivo, ma sono stati «divergenti» nei ruoli sociali da assumere. Il primo, Mike Bongiorno, ha interpretato il «televenditore», il secondo ha interpretato il ruolo del «telepredicatore» funzionale al suo ingresso nell’area della politica.
A Mike Bongiorno deve essere riconosciuta la figura «tutoriale» (consapevole o inconsapevole) formativa della retorica televisiva berlusconiana. Sicuramente c’è stata una forte sovrapposizione tra i due personaggi. L’unica posizione politica ufficiale a favore di Silvio Berlusconi, Mike Bongiorno la assunse in occasione dei referendum sulla Tv dell’11 giugno 1995 dove si votava per 12 referendum. Il «no» vinse sui tre quesiti più importanti che riguardavano la legge Mammì, e sulla richiesta di modificare il sistema elettorale per i comuni.
Il successo della televisione commerciale è legato anche a una fortissima innovazione tecnologica e culturale intervenuta nel comparto industriale dei media. La televisione commerciale si è inserita in questa modernizzazione presentando un’offerta di programmi via etere rivolta a un pubblico di massa e, tuttavia, rigorosamente rinchiusa nel territorio nazionale.
L’industria italiana ha potuto così contare su una alternativa mediale, molto ben organizzata, nella programmazione delle politiche commerciali-pubblicitarie dei propri prodotti, senza sottostare alle restrizioni e ai vincoli che la Rai attraverso la Sacis5 di fatto imponeva. I prodotti e le merci hanno assunto nuove segmentazioni di senso e significati, più vicini ai desideri della classe media: sono passati dall’essere prodotto a merce, dall’essere oggetti a mito. Il telespettatore si è trasformato in consumatore, fruitore, suddiviso in target e cluster per tipologia di consumi, per stili di vita, per interessi individuali. I riferimenti collettivi sono stati progressivamente abbandonati.
Mike Bongiorno di questa nuova realtà mediale è stato il rappresentante massimo. Altri hanno cercato di interpretare questo ruolo, ma i Corrado, gli Scotti, i Baudo, le Zanicchi «non potevano e non possono — come scriveva Eco — rappresentare un ideale che nessuno deve sforzarsi di raggiungere perché chiunque si trova già al suo livello. Nessuna religione è mai stata così indulgente coi suoi fedeli. In lui si annulla la tensione tra essere e dover essere. Egli dice ai suoi adoratori: voi siete Dio, restate immoti».

La terza vita di Mike Bongiorno

«Il Corriere della sera» titolava, commentando la messa in onda di spot pubblicitari interpretati da Mike Bongiorno e Fiorello «Mike Bongiorno “rivive” in Tv: per gli spot… Mike Bongiorno ancora in video: un’iniziativa sorprendente che non ha precedenti in Italia. Potere della pubblicità cui il presentatore morto l’8 settembre 2009 aveva consacrato un pezzo della sua vita. Da domenica riprende infatti la messa in onda gli ultimi spot inediti Infostrada con Mike Bongiorno protagonista assieme a Fiorello e a Leonardo, suo figlio ventenne. La famiglia Bongiorno, di comune accordo con Fiorello, ha ritenuto coerente non interrompere la messa in onda degli spot Infostrada: una scelta maturata rispettando l’entusiasmo e il profondo senso del lavoro che ha sempre animato Mike nella professione…»6.
Siamo certi che un personaggio come Mike, che ha incarnato la televisione, avrebbe desiderato il che suo ultimo commiato avvenisse in televisione. La sorte è stata benevola. Il grande sonno avverrà solo quando gli spot pubblicitari saranno sospesi.

1 U. Eco, Fenomenologia di Mike Bongiorno, in Diario minimo, Bompiani, Milano 1963.
2 «La Stampa», 5 gennaio 1954.
3  F. Monteleone, Storia della radio e della televisione in Italia. Un secolo di costume, società e politica, Marsilio, Venezia 2001, p. 87.
4 Ibidem, p. 231.
5 Società che si occupa anche della vendita nei mercati dei prodotti Rai.
6 «Il Corriere della sera», 17 settembre 2009.