L’autunno triste della Costituzione
Un autunno così triste per le nostre istituzioni era difficile immaginarlo anche per chi non indulge all’ottimismo. Stravolgimento della Costituzione, legge elettorale fuori tempo massimo, in più legge sulla par condicio ed ex-Cirielli, costituiscono un record di perversione istituzionale davvero imbattibile. Ma ciò che colpisce di più e accresce le preoccupazioni è la continua e premeditata opera di occultamento della riforma della Costituzione perseguita in gran parte dei mass-media.
Soprattutto nei telegiornali la riforma ha molto meno spazio del virus dei polli e comunque con la sigla devolution si nasconde la ferita maggiore inferta al nostro Stato costituzionale insieme a quella contro l’unità della nazione: mi riferisco ovviamente al rovesciamento di tutti gli equilibri su cui si fonda l’attuale forma di governo sconvolta con la creazione del Premier onnipotente. Il compito che oggi e domani deve impegnare tutti i democratici ed in particolare le forze politiche dell’Unione consiste nel diffondere in tutto il popolo la consapevolezza della straordinaria gravità della posta del futuro referendum: per mobilitarlo con la stessa serietà dimostrata il 16 ottobre nelle primarie. Senza dire che una componente importantissima per la campagna elettorale della primavera 2006 sarà rappresentata proprio dalla controriforma costituzionale varata in questi mesi sotto ricatto della Lega, ma con un pactum sceleris condiviso da tutti i compari della maggioranza. Oggi la confusione è al colmo: se uno storico come Giovanni Sabbatucci scrive che «il premierato, più che forte, risulta ingessato, ingabbiato com’è da una serie di norme che dovrebbero proteggerlo dai cambi di maggioranza» allora i lettori sono giustificati dimenticando che il vero ingabbiato è il Parlamento, o meglio la Camera dei deputati (il Senato è un’incognita assoluta) alla mercé di un primo ministro, esposto solo teoricamente alla dissociazione di franchi tiratori o anche di un partito alleato. Il vero obbiettivo è definito con la consueta mancanza di comune senso del pudore da un editoriale del Foglio di ieri: “Intanto un primo risultato è stato raggiunto: il carattere sacrale e mummificato della Costituzione è stato superato”. Ecco, è la fine del mito della Carta 1947 la prima finalità di questa ammucchiata di eversori.
Un altro motivo di confusione può nascere dalla nuova legge elettorale “proporzionalista”: si può dire, ed è stato detto, che dalla riforma costituzionale e dal nuovo sistema per le elezioni politiche nasce un assetto schizofrenico, in cui la proporzionale toglie vigore al premierato fortissimo. Attenzione, non è così. La nuova legge è proporzionalista con un premio di maggioranza: la coalizione più forte ottiene un premio che trasforma la maggioranza relativa in maggioranza assoluta (a differenza della legge non truffa di degasperiana memoria). Nel biennio 1986-1988 il primo ministro Chirac governò con pochissimi seggi di vantaggio sui socialisti, ottenendo una ferrea disciplina dai suoi deputati. Da noi, se questa maggioranza di centro destra guadagnasse il premio, le garanzie costituzionali sarebbero vanificate: con la maggioranza assoluta si elegge infatti il Presidente della Repubblica che a sua volta nomina quattro giudici costituzionali, secondo i testi approvati dal Parlamento della XIV legislatura. E comunque anche la prima parte della costituzione potrebbe essere modificata a maggioranza assoluta.
Dunque, la legge elettorale, che è una legge “ordinaria”, lascia del tutto aperto il problema delle garanzie: a partire dalla costituzione, divenuta di debole rigidità, fino ad arrivare, per un colpo di carambola, alla Corte costituzionale, una serie di istituti fondamentali restano esposti a tutte le intemperie. Dunque non lasciamoci confondere da vuote formule: come l’altra che il premierato forte “compensa” la devolution. No, non si compensa un accidente: se mai, i due mali si sommano.
